È sempre una questione di identità

È sempre una questione di identità. È sempre una questione di costruire il proprio futuro, guardando da dove si è partiti. È un processo, evolutivo e nello stesso tempo di ricostruzione dell’anima. Che ogni individuo ha. Che ogni impresa ha. Quella che vi sto per raccontare è un po’ un esempio di quella che potremmo definire genetica di un brand.

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Ritratto di un incontro

Di saggi sulla leadership traboccano le librerie. Anche testi sull’importanza delle persone all’interno delle organizzazioni aziendali non mancano. Quello che manca spesso è la capacità di tramutare in azioni i buoni propositi e mantenere, alimentare e amplificare, quell’atteggiamento costruttivo in grado di dare la giusta definizione al successo: far accadere le cose. Quella che vi sto per raccontare è il dietro le quinte di una storia imprenditoriale straordinaria. Dove fatturato ed EBITDA ne consacrano il valore economico creato, ma che forse non ne dettagliano le sfumature più importanti, quelle legate a come si arriva a tali risultati. L’azienda della quale vi sto parlando oramai è un gruppo il cui nome è Somec. A capo di questo gruppo c’è un uomo verso il quale dirigerò il riflettore per capire l’importanza di avere un team di persone  in grado di condividere un sogno e capace di darne concretezza. Questo uomo si chiama Oscar Marchetto e questa storia nasce da un incontro con lui.

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Unire i puntini

Ci sono storie che sembrano già scritte per le quali, rileggendole a posteriori, se ne colgono dettagli che fanno capire che la direzione intrapresa dal racconto non poteva essere diversa. “Unire i puntini” citava Steve Jobs, nel suo celebre discorso all’Università di Stanford, il 12 giugno 2005, in occasione della consegna delle lauree. Comunque sia, la storia di Alessandro Sonego qualcosa di scritto ce l’aveva.

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#AvampostoImpresa: Michela Beraldo

Michela Beraldo (a dx) protagonista dell’ #AvampostoImpresa di oggi, insieme alla socia Oriana Martini

Il racconto dell’#AvampostoImpresa di oggi arriva dalla città di San Donà di Piave. È una piccola, ma importante testimonianza. Piccola, perché non stiamo parlando di grande industrie, di grandi brand. Importante perché la protagonista di questo racconto, ha uno straordinario atteggiamento imprenditoriale, una voglia di crescere professionalmente e personalmente e uno spirito costruttivo di confronto e di condivisione.

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Il futuro: condizione necessaria per raccontarsi

Sono giornate strane. E senza entrare nel merito dell’emergenza che stiamo vivendo, c’è un elemento che narrativamente parlando fa riflettere sull’attuale situazione. Questo elemento si chiama futuro. Proprio così e chi si occupa di narrazione d’impresa questa cosa la sa molto bene, come la sa altrettanto bene chi fa impresa. Perché è così importante?

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Ma la vostra impresa che musica suona?

La mia impresa suona il rockQualche giorno fa ho aperto un workshop dal titolo “Sentirsi parte di una storia comune” con una domanda: <<Ma se la vostra impresa fosse una band… che musica suonerebbe?>>. Quello che doveva essere un semplice interrogativo, è diventato un’indagine introspettiva sull’identità della propria impresa. Perché ogni organizzazione ha una sua colonna sonora. Ogni impresa ha una sua musicalità e sono tutti elementi, da tenere in forte considerazione.

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Nelle imprese i poli opposti non si attraggono

C’è un tema ricorrente nella narrazione d’impresa. È quello che accade quando si inizia un percorso di messa a fuoco della propria identità, definendo il sistema valoriale e i principi di cultura d’impresa caratterizzanti l’impresa medesima. È in quel preciso istante che si presentano interrogativi sopiti e dubbi rimossi.

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